Quattro segnalazioni agli Ufficiali di Notte

Messeri Amici, sono sempre la vostra anima in pena, mi rigiro nel nulla insoddisfatto di come la mia vita è andata, ma ormai… non sento dolore, il mio corpo è sepolto da qualche parte al di là delle mura… i criminali come me, non pentiti, meritano di peggio, credetemi. Meglio cambiare discorso e raccontarvi un altro episodio di coloro che vivevano nei vicoli del ghetto. Una delle zone più degradate della città erano le “marmerucole” [1], qui le locande – con postriboli alquanto famosi, e poi ci sono le “stufe” [2], anzi una stufa che a quell’epoca molto famosa, non ne ricordo il nome, però ricordo molto bene che era sotto il controllo di mio fratello Giacomo; lu si stava diventando sempre molto ricco. Lo sapevate che in questa via nacque un grande artista ed il suo nome risuonerà per l’eternità negli orecchi di tutti: Benvenuto Cellini [3]. Quando successe questo squallido fatto, che presto andrò a narrarvi, lui era un bambino allegro e irrequieto, e in età adulta lo dimostrerà con i fatti e non tutti edificanti, ma questa è una storia che oramai tutti conoscono. 
La storia è complicata perché i protagonisti sono diversi, e tutti fanno riferimento alla stufa sopracitata. Il primo personaggio che vi farò conoscere sarà un suonatore di liuto, abbastanza famoso, che tutti chiamavano il “Rosso”. Lui si guadagnava da vivere suonando nelle osterie e nelle stufe per allietare i clienti, ricordo che andava anche nei locali di mio fratello, in zona Frascato [4], anzi posso dire che era un uomo di mio fratello e forse lo usava per i suoi traffici, non lo so con precisione, ma non importa. Il “Rosso” era un uomo magrolino e taciturno, forse un po’ troppo timido, suonava molto bene però, peccato che nessuno ricordi il suo nome nemmeno sui registri dell’Onestà [5], preferivano scrivere i soprannomi data la notorietà dei personaggi. Nella stufa lì alle marmerucole, Rosso mentre faceva il suo spettacolo, conobbe una meretrice di nome Lucrezia, o meglio, è stata lei a cercarlo perché aveva scommesso con alcuni clienti che sarebbe riuscita ad averlo, tutti sapevano che lui aveva tre figli avuti da una donna morta tempo prima.
Una bella sfida per lei, Il Rosso non era povero, lo divenne in seguito per soddisfare i suoi “bisogni carnali” con Lucrezia, e lasciando i propri figli alla carità altrui, chissà mai che fine avranno fatto. Il Rosso era un piccolo ometto idiota, non si è mai reso conto che la puttana voleva solo i suoi soldi, si è meritato il suo destino. Lei diventò la sua droga, insieme all’oppio [6] e acquavite [7], era anche preferita da molti clienti, con soddisfazione di mio fratello Giacomo, era disposta a tutto per i fiorini d’oro. Molto ben pagata, sapeva bene come rendere appagati gli uomini, solo quelli ricchi dato il suo compenso… molti si sono rovinati per lei e per le sue prestazioni… non provo la minima simpatia per loro e nemmeno per quel fesso del Rosso. Io, Moccolo, so cosa significa farsi rovinare da una puttana, un giorno racconterò ciò che mi è successo e forse piangerete con me e del mio amaro destino.
Lucrezia aveva un’amica, Angela da Vallombrosa, con la quale passava il suo tempo libero, qualche volta uscivano insieme se avevano il permesso dall’Onestà naturalmente portando sempre il segno di riconoscimento [8] di essere una meretrice. Lucrezia, ancora non contenta, fece conoscere la sua amica al Rosso e lui, oramai perduto nei piaceri della carne e dell’oppio, cascò come un idiota fra le “inter tibia” o meglio ancora nel culo di lei.
Angela non era bella come Lucrezia, era piccola, grassoccia e con gambe e braccia corte, non era però una nana, e per questo era molto apprezzata. Sembrava una bambina un po’ cresciuta, piaceva molto ai suoi perversi amici il suo essere piccola. Tutti i clienti di Angela avevano la sensazione di possedere carnalmente una bambina, e questa finzione era molto in uso perché non potendo avere delle bambine per i loro schifosi desideri, troppo pericoloso, si accontentavano della finzione. Il rischio di avere rapporti con minorenni, se scoperti, portavano alla tortura e condotti alla morte al “paretaio del Nemi” [9], sempreché non avessero nomi importanti, loro se la cavavano sempre con una multa o col silenzio delle autorità. Con queste perversioni Giacomo, mio fratello, fece grandi guadagni: sesso, alcol e droga un trinomio indissolubile.
Il Rosso per soddisfare il suo malato peccato si faceva accompagnare da Lucrezia e Angela a casa di un certo Carlo degli Amadori, forse parente della moglie, Albiera di Giovanni degli Amadori, del padre di Leonardo da Vinci, Ser Piero, e qui tutti sfogavano i loro istinti e possedendo contro natura la dette meretrici o forse erano anche “sodomiti” [10]. Tutti i protagonisti di questa squallida storia vennero “tamburati” e subirono un processo che li porterà alle famigerate “Stinche” nell’ agosto del 1502.
La storia che viene dopo non è che una squallida vicenda, poco interessante, di una moglie che per soddisfare i suoi vizi, alcol e e la sua malata preferenza di prenderlo di dietro, ed un marito guardone e forse sodomita, creando cosi una situazione dove verranno coinvolte altre persone. Nessuno di queste erano autorizzate a svolgere il meretricio, è solo una faccenda privata ma la legge enntrò anche qui: ma visto che è stata ascritta sui libri dell’Onestà merita qualche parola. Dopo Lucrezia e Angela, vediamo di conoscere anche questi patetici personaggi: Camilla, che abitava al “Palagetto de’ Guardi” [11], lei non era una puttana autorizzata, anche se amica delle due puttane sopracitate, e non possedeva il “bullettino” [12] per questo non poteva legalmente esercitare. Camilla era figlia di Caterina, serva della moglie di Donnino del Borgo, un noto commerciante di sete nella zona di Piazza dei Signori, entrato nelle cronache per essere il ruffiano di una moglie, Fioretta, che conduceva una vita disonesta e si lasciava possedere contro natura da molti. Anche lei una meretrice non autorizzata e, o forse solamente una viziosa, senza bullettino, un rischio che molti volevano correre per i lauti guadagni e per il brivido dell’illecito. Questi personaggi, Camilla, Caterina sua madre, Fioretta la padrona col marito si incontravano spesso con un certo Filippo il calzaiuolo, del popolo di Santa Lucia d’Ognissanti [13], famoso per i suoi forti appetiti sessuali, per esercitare il peccaminoso reato di “rompere l’ano” a molte donne e per questo già condannato altre volte. Tutti loro vennero tamburati lo stesso giorno dell’episodio sopracitato, nell’agosto del 1502, e anche loro verranno detenuti alle stinche.
 
Altro racconto che narra vicende banali con personaggi altrettanto banali dediti soprattutto alla ricerca del piacere personale, non di mia invenzioni, ho solo “abbellito”, spero, avvenimenti altrimenti molto squallidi. E' un’avventura in vie e vicoli che nessuno ricorda più, dove sono accadute tante storie spesso tragiche. Grazie per seguire con me queste avventure.
 
 
 
 
[1] Marmerucole, zona, ha principio agli angoli delle vie dei Maccheroni e Panicale (adesso unica via col nome Panicale, nome di una pianta secca chiamata “panicale”) dirimpetto a via Chiara (già via delle Marmerucole) e termina in via Tedesca (via Nazionale). "VIA DELLE MARMERUCOLE - Luogo dove abitavano le Marmerucole. - Non avendo però rinvenuto a quali donne si desse un tal nome, restai sempre incerto se doveva dare un cenno della etimologica derivazione di via delle Marmerucole. Aperta a caso la Vita di Benvenuto Cellini mi avvenne in più luoghi sentir parlare di siepi di Marmerucole intorno agli orti delle osterie, dove passava allegramente il suo tempo. Allora facilmente dedussi la vera origine del nome di questa strada, cioè aperta fra gli orti con siepi di marmerucole o marruca, pianta di spino da siepe, combinando ciò con le circostanze locali, perché questo punto della città, anche dopo l'allargamento del terzo cerchio di mura, fu ripieno d'orti, di canneti, e di giardini circondati da siepi" (Marietta de' Ricci, ovvero Firenze al tiempo dell'assedio: racconto storico - Firenze li 30. gennajo 1841, Agostino Ademollo).

[2] Stufe, Esistevano nelle città medievali moltissimi bagni, eredità lasciata dai romani, pubblici riscaldati da stufe, termine usato in seguito per identificare l'intero luogo. Questi luoghi diventarono punti di incontro per prostitute e i loro clienti, dal XV secolo trovarono riparo incontri fra “sodomiti” [10].

[3] Benvenuti Cellini, Orafo, scultore e scrittore d'arte (Firenze 1500 - ivi 1571).

[4] Piazza del Frascato, zona Ghetto, questa piazza è dirimpetto a Via de’ Succhiellinai, ha l’origine in via dell’Arcivescovado all’angolo della Volta dei Pecori, si introduce a destra al Ghetto Vecchio mentre a sinistra in via della Nave, quindi molto vicina al Mercato Vecchio passando da Via delle Ceste da San Tommaso. Questa piazza era nell’attuale Piazza dell’Olio dietro il Palazzo dell’Arcivescovado.

[5] Registri dell’Onestà, La magistratura fu istituita con provvisione del 30 aprile 1403 al fine di combattere e reprimere i reati di sodomia e non solo, ogni denuncia veniva trascritta su questi libri, consultabili alla Biblioteca Nazionale a Firenze.

[6] Oppio, veniva coltivato prevalentemente nell'area dei paesi mediterranei più caldi, la Turchia in particolare, l'oppio si diffuse progressivamente in Asia. Nello stesso periodo in Europa, paradossalmente, si perseguitarono periodicamente, in maniera tanto dura quanto inefficace, le cosiddette "droghe coloniali": il caffè, il tè, il cacao, il tabacco. L’uso di oppio e vino accomunavano, infatti, Nerone, Tito, Nerva, Traiano e Adriano. Petronio ne parla descrivendo la famosa “Cena di Trimalcione”. E il grande imperatore e filosofo Marco Aurelio è probabilmente uno dei primi “tossicodipendenti” da oppio di cui si ha notizia. Poi si ha notizia, tramite il grande Botticelli, dove nei dipinto “Venere e Marte” ci sarebbe dipinta la Datura stramonium, pianta allucinogena usata in Italia sin dai tempi più antichi.

[7] Acquavite o acqua vitae (acqua della vita, medicina straordinaria, ed inseguito bevanda esclusivamente riservata ai ricchi a causa dell’alto costo).

[8] Segni di riconoscimento, erano un campanellino sul cappello oppure un nastrino di colore giallo ben visibile, la mancanza di tali segni potevano incorrere a punizioni gravi, fino alla marchiatura sulla guancia destra, e potevano anche andare in chiesa nei giorni obbligati dalla legge.

[9] Paretaio del Nemi, di fronte all’attuale Caserma Baldissera era posto il patibolo cittadino. Il posto occupato dalla caserma si chiamava anche “pratello” almeno fino al 1529.
[10] Sodomia, termine usato soprattutto nei riguardi dell’atto sessuale fra uomini almeno fino al XVIII secolo.

[11] Palagetto de’ Guardi, alla Mattonaia fra Pinti e Croce, vicino alla Torre dei Tre Canti (Tra la Porta alla Croce, e quella a Pinti non era una vera porta, ma una Torre con cinque facce, la quale si chiamava anticamente la Guardia del Maffaio, era situato nella zona dello stacco tra gli odierni viale Gramsci e Mazzini).

[12] Bullettino, Il permesso di esercitare il mestiere di meretrice, rilasciato dai funzionari dell’Onestà.

[13] Santa Lucia d’Ognissanti, zona, era chiamata così perché c’era la chiesa omonima, situata fra via Palazzolo e Borgo Ognissanti. La zona era particolarmente adatta, perché all'altezza della Porta alla Carraia, dove il Mugnone sfociava nell'Arno, c'era un'isoletta che formava un canale utile per ricavare l'energia idraulica per mulini e gualchiere. Per favorire tale sfruttamento, gli Umiliati costruirono la pescaia di Santa Rosa, insieme a un ricco sistema di canali. In breve tempo, alla fine del duecento, visto il fiorire della ricchezza del quartiere e dei commercianti che attraverso donazioni all'ordine che in un certo qual modo era ragione della loro agiatezza, gli Umiliati furono chiamati a ricoprire importanti cariche pubbliche