Il Boia linciato dal popolo

Ogni tanto succedevano cose e fatti che rendevano la città di Firenze ancora più crudele di quello che era, cercherò di narrare i fatti nel modo più vicino alla realtà, e non sarà semplice, anche se io, Moccolo, ho vissuto situazioni che farebbero rabbrividire anche un barbiere [1]. Nessuno ricorderebbe i due personaggi se non fosse per il modo brutale e crudele, almeno per uno di loro, sono stati ammazzati, ma soprattutto perché Luca Landucci [2] ne descriverà con viva crudità. Tutta la vicenda ha inizio per una rivalità fra bandierai [3] del comune. I due bandierai coinvolti erano amici ed erano felici di esserlo almeno fino a quando uno di loro due venne promosso e diventare il portatore del Vessillo del Comune sia in battaglia che nelle manifestazioni pubbliche, era un grande onore. Girolamo e Andrea erano due ragazzi normali di buona famiglia, un padre, una madre e dei fratelli, una bella casa nella zona di Piazza San Marco, nulla dava ad intendere che la loro amicizia dovesse finire in modo così tragico. Dividevano tutto, alcuni pensavano che fossero troppo “amici”, e come spesso accade, una amicizia troppo intima può essere fraintesa da persone con teste piene di malignità e cattiveria, e nel XVI secolo ogni momento era buono per tamburare [4] qualcuno. I due ragazzi frequentavano insieme i bordelli ed erano sempre accolti con simpatia ovunque andassero, anche perché erano molto buoni con le puttane ma soprattutto avevano sempre soldi da spendere.

Non avevano un posto preferito, però andavano volentieri ai lupanari di mio fratello Giacomo nella zona del Frascato [5], li trovavano buon cibo, musica, balli e donne esotiche ben disposte e la certezza di non essere derubati e se troppo ubriachi qualche birro [6] compiacente e ben pagato da mio fratello li riportava a casa. I due amici ogni domenica e nelle feste comandate andavano in chiesa ad ascoltare le prediche e sentire messa ed ovviamente parlare al padre confessore i peccati della settimana precedente, ma soprattutto vedere se c’era qualche donzella da marito e concludersi in un matrimonio. Tutti lo desideravano, una famiglia e dei figli e la chiesa era il posto adatto per conoscere un donna. Il loro lavoro era a tempo pieno, perché fare lo sbandieratore non era semplice: allenamenti faticosi, imparare, andare a tempo con i tamburai e trombettieri [7] e con i propri compagni, ma anche una forte disciplina e fratellanza. Ma la cosa più importante era fare volteggiare le bandiere più in alto possibile, ed allo stesso tempo creare nuove figure per meravigliare i Signori ed il popolo. Erano belle le feste quando tutti eravamo in piazza a vedere quello che potevano fare questi ragazzi, scommettevamo su di loro a chi si aggiudicava la vittoria del lancio più alto e più acrobatico, noi fiorentini scommettevamo su tutto.

Peccato che per i nostri due giovani tutto questo finì, uno di loro ammazzò l’altro per una banale e stupida lite, a causa di una promozione. Se vi interessano i fatti cercherò di accontentarvi ma non è facile, l’emozione può sopraffarmi. Un giorno avvisarono tutti i bandierai, compresi i due amici, che qualcuno di loro sarebbe diventato colui che avrebbe portato le insegne del comune in battaglia o nelle manifestazioni cittadine… un grande onore per il prescelto.  Gerolamo di Sandro di Bartolomeo di Berto di Bernardo uccise il suo grande amico Andrea per invidia. Come accadde il fatto lo raccontò Gerolamo stesso, fece pubblica confessione, uccise Andrea in un impeto di rabbia, perché lui era stato promosso “portatore di insegne” [8], un titolo che anche l’omicida desiderava. I due amici cominciarono ad offendersi a vicenda passando poi a picchiarsi violentemente con qualsiasi oggetto trovato lì vicino. Dovete sapere che le bandiere erano deposte nelle apposite rastrelliere in una stanza nel Palazzo della Signoria [9]. Il diverbio accadde proprio in questa sala e con tante bandiere tutte insieme fu normale per Gerolamo prendere una di quelle e colpire, con la punta, ripetutamente Andrea fino ad ucciderlo. Triste giorno per i bandierai il 28 maggio del 1503. Brutto peccato l’invidia, io la conosco bene sono morto per quello.

L’omicida venne preso in custodia dai birri e portato alle Stinche, immediatamente processato e condannato a morte, la sentenza verrà eseguita il giorno dopo. La legge è spietata ma in questo caso non esistevano dubbi sul colpevole, non lo torturarono nemmeno, confessò sinceramente e farà buona morte, sarà seppellito in terra consacrata e andrà a sedersi alla destra del buon Dio. Il giorno dopo Gerolamo venne portato nel cortile del Bargello, messo in ginocchio, mentre il boia [10] si preparava ad impugnare una pesante spada [11], lui aspettando il colpo che lo avrebbe ucciso, pregava, ma non per se ma per Andrea il suo grande amico. Invece il manigoldo del boia, sbagliò il taglio, il ragazzo stramazzò senza morire, allora gli inferse un altro colpo e ancora un altro ma nemmeno questi bastarono. Gerolamo era un ragazzo di venti anni forte e muscoloso e non voleva morire, allora il manigoldo prese un bastone e colpì con forza, schiantandoli le ossa del cranio, finalmente morì. Avete capito bene, finalmente ho detto, io ero lì ed ho visto… il sangue che schizzando aveva imbrattato tutti coloro che erano vicini, le urla del morente erano terribili, i colpi di bastone che rompevano le ossa della testa, il rumore che facevano erano allucinanti. Io nella mia vita ho visto tanti fatti brutti, ma questo mi sconvolse così tanto che passai due giorni in Duomo a pregare per l’anima di Gerolamo, spero sia servito.

Io, Moccolo, per la prima volta mi feci notare dalla gente, e gridai: Ai sassi ai Sassi… non potevo stare zitto dopo avere visto il terrore e l’infinito dolore del ragazzo, ma nemmeno gli altri però riuscirono a stare zitti. La grande compassione che Girolamo destò nel cuore della gente, avendo visto che pregava per il suo amico, fecero prendere il boia a sassate, che scappava. Il manigoldo venne preso e lapidato in piazza San Ambrogio e il suo corpo trascinato fino a Piazza Santa Croce e poi gettato in Arno… nemmeno Dio avrà pietà della sua sporca anima. Le terribili sofferenze inflitte a questo giovane condannato suscitarono una violenta reazione del popolo e punì l’incapacità del carnefice lapidandolo, come racconta Luca Landucci:

“E a dì 29 maggio 1503, fu morto el manigoldo dal popolo co’ sassi al luogo della giustizia. Intervenne questo, che un certo bandieraio, giovanetto, avendo morto un altro bandieraio, giovanetto, avendo morto un altro bandieraio pur una certa invidia, andò questa mattina a giustizia, e questo manigoldo e questo manigoldo non gli tagliò el capo né al primo né al secondo né al terzo colpo; el cavaliere che gli era fato gli dette due bastonate; e perché egli era un giovanetto di circo 20 anni quello che moriva, venne al popolo sì grande compassione che si levò dal tumulto fra ‘l popolo: A’ sassi, a’ sassi; per modo ch’è Battuti ebbono alquanti colpi bassi, e ‘l cavaliere e chi v’era ebbe delle fatiche di scampare a gittarsi a terra del muro, in modo tale fu la furia del popolo che lo ammazzarono, e  poi e fanciugli lo tracinorono insino a Santa Croce”

 

La quattro segnalaziomi Cocomero il fesso

 

[1] Barbiere, Le operazioni delegate ai barbieri o cavadenti erano sicuramente quelle più umili e a più diretto contatto con il sangue che, se da una parte poteva essere considerato oggetto di culto rappresentando il sangue di Cristo, dall'altra era disprezzato e anzi ritenuto pericoloso e velenoso, tanto che la legge imponeva di gettarlo via immediatamente dopo gli interventi. Il grande chirurgo francese medico di Filippo il Bello, Henry de Mondeville, riteneva i barbieri: «chirurghi orgogliosi e illetterati, stupidi e completamente ignoranti», insomma dei veri e propri concorrenti dei medici capaci di condividere con questi ultimi sì la pratica, ma non certamente il sapere teorico.

[2] Luca Landucci, Speziale fiorentino (vissuto tra il 1436 e il 1516), di cui resta un interessante Diario fiorentino dal 1450 al 1516.

[3] Bandierai, La bandiera ha sempre avuto un ben preciso significato sia nei colori che nei simboli ed è stata usata fino da tempo antichissimo come segno di riconoscimento per concezioni religiose, per l'orientamento delle truppe, quale insegna di chi combatteva nella stessa formazione, per distintivo araldico di una casata o di una comunità, fino a divenire la più alta espressione di un popolo.

[4] Tamburazione, Querelare altrui con metterci dentro un recipiente simile ad tamburo dei biglietti con scritto la denuncia ovviamente anonima ed ogni mattina il notaio vagliava le denunce e cercava di separare quelle vere dalle calunnie.

[4] Frascato, zona Ghetto, questa piazza è dirimpetto a Via de’ Succhiellinai, ha l’origine in via dell’Arcivescovado all’angolo della Volta dei Pecori, si introduce a destra al Ghetto Vecchio mentre a sinistra in via della Nave, quindi molto vicina al Mercato Vecchio passando da Via delle Ceste da San Tommaso. Questa piazza era nell’attuale Piazza dell’Olio dietro il Palazzo dell’Arcivescovado.

[6] Birro o Birri, Agente di polizia nei tempi passati; Il nome forse deriva dal latino tardo birrus, rosso, per il colore della casacca. Oggi quasi sempre usato con valore spregiativo e più comunemente nella forma sbirro.

[7] Trombettieri, la loro sede era in un vicolo situato tra via Calimala e piazza del Mercato Vecchio (attuale piazza della Repubblica), e qui venne costruito il più grande tabernacolo di Firenze e prese il nome dai trombettieri, Santa Maria della Tromba ora situato all’angolo del Palazzo della Lana.

[8] Portatore di Insegne, era colui che aveva l’onore di portare la bandiera in battaglia e difenderla a tutti i costi e se la bandiera veniva presa dall’avversario, il portatore era certamente morto, la guerra girava in favore del nemico.

[9] Palazzo della Signoria, adesso Palazzo Vecchio situato in Piazza della Signoria.

[10] Boia, non era un professionista dell’omicidio ma, spesso, era un criminale prestato a questo esercizio. Il boia qualche volta era un condannato a morte che procrastinava la propria sorte. Non essere un professionista e come tale quando doveva eseguire una esecuzione spesso poteva sbagliare ed infliggere sofferenze inutili e qualche volta per questo, il boia, subiva la stessa sorte.

[11] Spadone, il taglio della testa non veniva eseguito con la testa appoggiata su un pezzo di legno, cioè un taglio verticale, ma veniva praticato un taglio orizzontale col condannato in ginocchio e a collo scoperto aspettando il colpo