Ciarlatani in Piazza del Granduca

Alcuni di voi, intendo sempre i rari turisti intelligenti, potrebbero chiedersi come era Piazza della Signoria fino allo sventramento,1885 - 1891 voluto dai disonesti amministratori ed eseguito dal mediocre architetto Poggi. La prima cosa da dire è che non era assolutamente come la vedete adesso grande e spaziosa, e Firenze non era famosa per le sue piazze. Visto che i lettori di queste pagine sono pochi ma intelligenti, come si dice qui "pochi ma boni", e dalle email che mi arrivano con richiesta di informazioni, mi rendo conto che preferisco siano pochi, perciò mi permetto di chiedere a loro alcune cose: immaginate di avere la possibilità di andare nel passato verso la fine dell' '700, lo potete fare sempre leggendo la storia, e di essere in via Calzaiuoli.
Camminate per questa via piena di botteghe artigiane, odori esotici, persone che lavorano, bighellonano e lottano per vivere in una città caotica, sudicia e corrotta; questa via, de' Calzaiuoli, e pochi lo sanno, era frammentata con tanti nomi: corso dei Pittori, corso dei Librai, via dei Cacioli, via dei Farsettai, via de' Bandierai, tutti questi nomi rappresentano i lavori svolti in quei tratti di strada. Qui avevano anche le botteghe di Donatello, Michelozzo e il fabbro Niccolò Grosso detto il Caparra, fra i più grandi del periodo e menzionato dal Vasari nella "Vite". Ritorniamo alla nostra folle immaginazione: siamo arrivati all'angolo verso Piazza della Signoria anzi Piazza del Granduca, ricordate che siamo nel '700 vero? quindi ci fermiamo guardando il caos di persone urlanti, vuoi per venderti la loro merce o per attaccare briga oppure solo per infastidire. La gente non poteva quasi passare, tanta era la quantità dei ciarlatani, dei saltimbanchi, cantastorie, giocatori di prestigio, casotti di burattini, e carri con le scimmie o cani ammaestrati; venditori di semenza, di lupini, di sapone per togliere le macchie e di candele da notte. 
Qui si potevano trovare quelli coi panieri dei dolci a forma di nicchia, fatti di tritello e miele, accompagnati da una specie d'acqua sudicia, venduta pomposamente come "rosolio", la maggior ghiottoneria dei ragazzi che andavano a nozze quando sentivan gridare: "Un quattrin mangiare e bere senza mettersi a sedere". In mezzo a tutto questo "bailamme" vi erano alcune persone che si distinguevano per la loro bravura di incantatori ed i loro nomi sono rimasti famosi nella cronaca fiorentina ed eranorano: un certo Niccolai, un tal Billi e Trentuno, e più tardi il Tofani.
Il Niccolai che veniva da Pistoia, si fermava dinanzi alla Posta, angolo via Vacchereggia dove ora c'è il famoso bar "Revoire"; e standosene ritto sul suo calesse, tutto polveroso o infangato, spiegava al pubblico di contadini e di vagabondi, che sempre lo attorniavano stando ad ascoltarlo a bocca aperta, tutti i meravigliosi pregi di certi suoi cerotti per le piaghe d'ogni genere e d'ogni origine; degli unguenti per i dolori d'ogni specie, compresi quelli morali; acque per le malattie agli occhi, da fare accecare chiunque; e rimedi miracolosi per gli zoppi che a sentirlo, dovevano buttare via le gruccie. 
Il Billi, invece, si piantava con la sua carrozza un centinaio di passi distante dal collega, più che rivale, vendendo i soliti intrugli, i soliti rimedi, che dopo tante incertezze e mezzi pentimenti, molti contadini sempre diffidenti delle cose buone ma creduli alle ciarlatanerie, finivano per comprare, con la paura di non fare a tempo ad acquistare il prezioso e miracoloso unguento.
Ma il più caratteristico, il più curioso e forse il più geniale, era il famoso dentista Trentuno. Egli faceva il suo ingresso trionfale in Piazza del Granduca sopra un cavallo piuttosto arrembato, seguìto dal figlio, pure a cavallo, e carico di borse di pelle portate a tracolla, piene degli istrumenti necessari a quella specie di tortura.
Il vecchio Trentuno, stando sempre sul suo ronzino, cominciava a predicare contro il male dei denti come se fosse stato un nemico visibile, facendo una grande impressione sui disgraziati che gli facevano cerchio, e che aspettavano a gloria che l'insigne professore si degnasse di levarglieli magari anche tutti, facendo un pianto e un lamento per non soffrir più.
La figura più caratteristica e che richiamava più gente, era un certo Martino, che tutte le sere verso le ventiquattro arrivava col suo carretto pieno di panieroni da cinque fiaschi, nei quali metteva uno sull’altro tanti piccoli piatti coperti, dove c'erano dei maccheroni freddi, andavano a ruba appena li metteva fuori. Questo cuoco... a freddo, si piantava vicino alla cantonata di Via Calzaioli, sulla gradinata del palazzetto Bombicci vicino all'edicola dove all'epoca c'era la chiesa di San Romolo, a sinistra del disegno, e non riparava a smerciare i suoi maccheroni. Di ogni piatto ne tagliava cinque spicchi; da una scodella piena di cacio di Roma grattato ne pigliava pulitamente con le mani un pizzicotto, li incaciava, e con un bussolotto bucato ci spruzzava il pepe e ne dava via ad un quattrino lo spicchio... Avete letto vero? abbiamo inventato il "primo freddo" da asporto, quello che adesso viene chiamato : take away... ma quante cose ha fatto e fa questa città.
 
Firenze è anche questo, corrotta, sudicia e tutto quello che volete ma rimane sempre una città meravigliosa; alla fine dei conti ogni città rappresenta ciò che siamo nel bene ma soprattutto nelle cose vissute dalla gente comune.
 
firenze del 700
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