Tettoia dei Pisani

Sulla Piazza della Signoria, di fronte a Palazzo Vecchio, nel luogo dove nel periodo in cui Firenze fu capitale d' Italia sorse il palazzo delle Assicurazioni di Venezia o Palazzo Lavison, ebbene qui, esisteva un gruppo informe di fabbricati, differenti sia per dimensioni che per altezza e tipo. Alcuni tratti di muri avevano strutture solide col paramento a bozze di pietra annerite dagli anni e dagl'incendi. Tutto questo ci ricorda che in quel luogo s'innalzavano un giorno antichi palazzi ed altri edifici di severa costruzione medievale. Nel centro di quel gruppo di case c’era qualche traccia della facciata di una chiesa; sul canto di Calimaruzza si apriva un grande atrio che serviva al passaggio delle “corriere postali” e sull'opposto canto, verso Via Vacchereccia, si innalzava ancora la sua massa cupa e solenne di una di quelle torri che tutt’ora evocano il ricordo lontano delle lotte cittadine. Al pian terreno esistevano ancora molte di quelle arcate che poggiavano su pilastri e che formavano una caratteristica comune a tutte le fabbriche civili del XIII e XIV secolo. 
Bastava un semplice esame di questo disordinato insieme di costruzioni per comprendere come esse erano i resti di edifici che sono stati parzialmente abbattuti. E difatti una demolizione del pezzo fra Vacchereccia e Calimaruzza era stata iniziata per ordine del Duca d'Atene, il quale aveva forse il desiderio di dare aspetto più regolare e più conveniente a questo lato della Piazza de' Signori, Piazza Signoria; ma l'antipatico tiranno fu cacciato da Firenze a furor di popolo ed il lavoro venne interrotto. Fu soltanto nel 1364 che per dare una sistemazione migliore alla località, la Signoria pensò d'utilizzare l'opera dei molti prigionieri pisani, 1364, trasportati a Firenze dopo i disastri della guerra in Val d'Era, per costruire una grande tettoia per loro, ma soprattutto per farle pagare in qualche modo la prigionia, e servire, anni dopo come rifugio ai cittadini nelle stagioni inclementi. La lunga e sporgente tettoia, la quale non era in fin dei conti che una riproduzione di tante altre simili costruzioni che nelle vie centrali della vecchia città avevano il compito di proteggere i fondachi o magazzini e le botteghe degli artieri [1], anche se presentava nell'insieme un aspetto pittoresco, “nulla aveva di artisticamente pregevole, perché sostenuta da semplici e disadorne mensole di legname” [2].
I resti di vecchie costruzioni alle quali la tettoia venne addossata ricordavano le dimore forti e maestose di famiglie antichissime ricordate dal Villani e da altri antichi cronisti; quelle del l'illustratore fiorentino Malispini, dei Guglialferri, dei Tebalducci, degli Infangati e dei Mangiatroje. Erano per la maggior parte famiglie Ghibelline, quindi i loro beni vennero confiscati e passarono in possesso del comune, il quale ne concesse parte ad una delle più ricche fra le corporazioni delle arti, quella del Cambio. E fu difatti in questo luogo che quest'arte creò una comoda e bene adorna residenza che corrispondeva all’incirca sull'angolo fra la Piazza e la Via chiamata prima Calimala Francesca, poi Calimaruzza. Le altre case furono vendute e le ebbero varie famiglie fra le quali gli Alberti, i Tedaldi, i Pigli, i Baroncelli. Ai Baroncelli pervenne anche la torre, prima era degli Infangati, che faceva angolo con Via Vacchereccia.
Quasi nel centro del fabbricato fu più tardi dato accesso all'antichissima chiesa di S. Cecilia [3] che in origine aveva la sua entrata verso un'interna piazzetta che tuttora ne serba il nome; ma la chiesa fu soppressa nel 1732 e distrutta pochi anni dopo. Quando la città fu provvista di un regolare servizio di Posta, sia per i trasporti quanto per le lettere, si ridussero ad uso di questo ufficio tanto la residenza dell'arte del Cambio quanto tutte le botteghe poste al disotto della tettoia, aprendovi una serie di finestre per la distribuzione delle corrispondenze. Così il tetto dei Pisani fu per un lungo tempo la Posta delle lettere la quale vi rimase fino a che non si pensò a trasferirla in una località più comoda e più decorosa [4]. Qui nel '700 si potevano trovare banchetti di venditori di cinti erniari, servivano come contenimento per l'ernia, detti brachierai, i quali, specialmente nei giorni di mercato, facevano affari d'oro imbrogliando con baratti, quei contadini che si lasciavano imbrogliare. Erano notevoli anche i postini di campagna, che venivano a prendere le lettere; e si riconoscevano dalla tuba, dai calzoni corti e la borsa a tracolla. 
Sotto la tettoia della Posta o dei pisani, con la pioggia o quando il sole scottava, dalle undici alle due, era il ritrovo degli ufficiali e degli eleganti, che vi si davano appuntamento. E di lì passavano le signore e le giovinette che prima di andare a desinare facevano la rituale ed obbligatoria passeggiata di Via de' Calzaioli, per vedere e farsi vedere.
D'inverno e nella mezza stagione il ritrovo festivo aveva luogo sull'angolo di Via Vacchereccia, dove in alto, ad una fune attraverso alla strada si attaccava l’avviso del teatro della Pergola. Gli avvisi degli altri teatri si mettevano, appesi pure ad una fune, attraverso a Via de' Calzaioli, e fra via Condotta.
Dalla farmacia Forini - di cui si ammirava il cartello intagliato da Giovanni Duprè (Siena, 1º marzo 1817 – Firenze, 10 gennaio 1882) - fino alla cantonata di Calimaruzza, tutte le mattine si mettevano in fila i muratori senza lavoro, aspettando che qualcuno andasse a cercarli per prenderli a giornata; e quel pezzo di strada si chiamava il Canto dell'Acquavite; perché quei muratori mentre aspettavan di lavorare, ogni tanto andavano da un droghiere che c'era sulla cantonata di Condotta a prendersi un bicchierino.
Oggi, se non fosse per una vecchia fotografia e qualche pittura nessuno serberebbe forse il ricordo di quel insieme di costruzioni che viene chiamata "Tettoia dei Pisani".

[1] Artieri, è colui che cura le attività di manutenzione delle strutture di ricovero e di addestramento dei cavalli.
[2] Illustratore Fiorentino, compilato da Guido Carocci, Tipografia Domenicana, via Ricasoli 63, Firenze, 1909

[3] La chiesa di Santa Cecilia si trovava nell'omonima piazza Santa Cecilia a Firenze, vicina a piazza della Signoria.

[4] Le Poste verranno trasferite in Via Pellicceria nei nuovi palazzi costruiti dopo lo sventramento.


 

Via degli Speziali, fine '800