un po' di storia (5) dall'800 all'alluvione del 1966

Capitale provvisoria d'italia dal 1865 al 1870, Firenze s'ingrandì e s'imbruttì come non le era mai capitato per il passato. Ma anche nella depressione economica e politica lasciata dallo "strapolto dell 'apitale", come diceva Renato Fucini, Firenze seppe ritrovare se stessa nel raccoglimento dei severi studi storici coltivati dai maestri, che diedere fama all' Istituto di studi superiori,  ai circoli culturali come quello della Società Leonardo da Vinci, alle cattedre libere come quella della "lectura Dantis", mentre giornali letterari come il "Marzocco" attraevano su Firenze l'attenzione di tutti i poeti, compreso Gabriele D'Annunzio,  ospite della villa settignanese della Capponcina.

Ed ecco, all'inizio del nuovo secolo, la vampata dei cenacoli e delle riviste fiorentine: "Il Leonardo","La Voce","Lacerba", che determinarono quella che ormai nella cultura italiana è definita l' "età delle riviste"; riviste uscite dal cenacolo delle "Giubbe Rosse", e che ebbero un peso dederminante del cosiddetto "interventismo", nel 1915. Tra le due guerre, la vita culturale si mantenne ad un livello internazionale, con le riviste "Solaria", "Frontespizio", "Letteratura". I nome di Giovanni papini, Ardengo Soffici, Ottone Rosai s'imposero all'attenzione della Europa civile. 

Nè dopo l'ultima guerra, mutilata dei suoi ponti, dilaniata dei suoi quartieri, ma soprattutto dissanguata dei suoi figli, Firenze ha ceduto il posto di città faro. Pur tra polemiche e denigrazioni, sono nate a Firenze le più originali iniziative di pace, come i "Convegni per la Pace e la civilta cristiana", i "convegni dei Sindaci delle Capitali Mondiali", i "Colloqui metiterranei", mentre la cultura fiorentina s'ispirava ai motivi più scottanti della teologia e della sociologia , quasi prevedendo ed anticipando il clima nel quale si sarebbe svolto il Concilio Ecumenico Vaticano II, tanto da meritare, magari con una certa forzatura retorica, il titolo di "città ecumenica". 

Le ferite dell'ultima guerra erano da poco rimarginate quando il 4 novembre 1966 la città venne spazzata dall'acqua e ricoperta da una coltre di fango. Incalcolabili i danni al patrimonio domestico, a quello arigianale e quello commerciale, a quello industriale, a quello culturale ed artistico, ma lo spirito dei fiorentini seppe reagirere con tale prontezza e vigoria da stupire il mondo, il quale sentì come Firenze fosse ancora la patria ideale di tutti gli uomini e donne civili. Nel momento in cui Firenze ebbe bisogno dell'aiuto di tutto il mondo, tutto il mondo sentì di avere bisogno di quella città, che nella propria arte rappresentava il meglio dell'umana civiltà. 

La nuova rinascita fiorentina, fu perciò opera non soltanto di fiorentini, protagonisti principali, ma non unici nella ripresa della città, che si fissò immediatamente, nonostante le enormi difficoltà da superare, il proposito di tornare ad essere come e meglio di prima.

 

Anche questa volta il suo Attila, cioè il suo fiume rapinatore, non avrebbe avuto la capacità di cancellare i segni di Firenze troppo profondamente impressi nello spirito e nel cuore di tutta la gente.

 

 

Vorrei ringraziare i miei genitori ma soprattutto mia sorella che mi ha insegnato ad amare la storia, e cercare sempre di essere obiettivo, specialmentequando l'argomento è Firenze.

Fine, per ora almeno