Domenico Lenzi, Ciuto Brandini

Domenico Lenzi detto il Biadaiolo

"Domenicho Lenzi Biadaiuolo" si dice l'autore dello "Specchio Umano", un testo rilevante per la storia economica, letteraria e artistica della Firenze trecentesca. Su di lui le notizie sono frammentarie ed incerte, ma, secondo alcuni studi due suoi fratelli sono stati fra il trecento ed il quattrocento diverse volte Priori. Forse si Lenzi si era immatricolato nell'arte dei pizzicagnoli e oliandoli per il 1354. Morì probabilmente in occasione dell’epidemia di peste del 1348 poiché nei documenti successivi a quella data non se ne ha più notizia. Nel suo libro, lo Specchio Umano, egli dedica poco spazio alle notizie autobiografiche, si limita ad affermare di essere nato e cresciuto a Firenze, di essere “grosso e ydiota componitore” e di non conoscere il latino. Fu un probabile autodidatta, istruito alla tenuta di un libro di conti e conoscitore tuttavia dei testi volgari più diffusi. Il libro del Lenzi elenca prezzi presi da altri biadaioli fino al 1320, dati sui prezzi del grano dal 1320 al 1329 e solo dal 1329 troviamo spazio a notizie relative alle vicende politiche e sociali, frutto dell’osservazione diretta dell’Autore. Ciò porta a credere che tra il 1320 e il 1329 egli fosse ancora troppo giovane per scrivere un personale libro di conti ma che tuttavia non disdegnasse di aiutare il padre nella sua attività. Il codice, databile al principio del quarto decennio del secolo XIV, è un’opera resa pregevole dall’uso regolare delle immagini. Sono figure di “exemplum”, (racconto di una storia, dichiarata come vera, in cui il protagonista, grazie ad un determinato comportamento, ha raggiunto un certo risultato). Si rappresenta l'ambiente cittadino sia nell' abbondanza che in tempo di carestia, si raffigura la rivalità, anche violenta, tra le città toscane. Altrettanto la parte scritta, offre al lettore un vivace affresco della società dell’epoca, della precarietà dei suoi protagonisti e delle loro difficoltà nell'arrivare al giorno dopo: per esempio nel racconto della carestia della fine degli anni venti o nel ricordo dell’alluvione del 1333.

 

Ciuto Brandini

Di lui non conosciamo nulla, a parte che capeggia nel 1345, col cosiddetto il popolo minuto, una rivolta contro il popolo grasso per migliorare le condizioni di vita degli operai. Il Rodolico e il Sapori lo considerano il primo "sindacalista" della storia operaia. Vediamo di capire qual è il contesto storico nel quale Ciuto lavora e vive. Nella metà del trecento le corporazioni sono organizzate in "Arti" e queste decidono, insieme ai padroni delle fabbriche, i salari del popolo minuto, i quali a stento sopravvivono. Questo disagio sociale si accresce soprattutto nei lavoratori della Lana, i più sfruttati rispetto alle altre categorie, ed a loro è vietato per legge qualsiasi tipo di aggregazione. Un piccolo successo il popolo minuto lo ha col Duca d'Atene, nel 1343, quando verrà riconosciuta l'arte dei Farsettai e dei Tintori, ma alla scacciata del Duca le nuove arti saranno abolite, e nel 1344 una legge stabilirà che mai i lavoratori della lana avranno una loro corporazione.

Nel 1345 Ciuto Brandini, fiorentino di San Pier Maggiore e cardatore, guida una rivolta contro il governo della città, controllato dal Popolo Grasso, promoverà delle adunanze in   Piazza Santa Croce   insieme ai Servi di Maria, un ordine mendicante della Chiesa cattolica. La reazione del Governo è immediata, i manifestanti vengono attaccati e dispersi, mentre Ciuto Brandini è arrestato e portato al Bargello. Qui sarà torturato, insieme ai suoi figli ed in seguito condannati a morte ed ammazzati alla Zecca Vecchia, adesso Piazza Piave, luogo deputato alle esecuzioni.

La prima citazione di Ciuto sarà rinvenuta nel Frammento di Cronica di Firenze di Donato Velluti : "A dì 24 di maggio '345 il capitano di Firenze, cioè fue Messer Nuccio da Gobbio, prese di notte Ciuto Brandini iscardassiere e suoi due figlioli, imperocché detto Ciuto voleva fare una compagnia a Santa Croce e fare setta e ragunata cogli altri lavoranti di Firenze; e in questo medesimo dì, i lavoranti di Firenze, cioè pettinatori e scardissieri...".