La vita... e le vecchie fotografie
Nel '800, quando nasce la fotografia, c'è un mondo che comincia a morire. L'uomo prende a distaccarsi, molto lentamente, da un passato che non sarebbe tornato mai più, dalla dimensione di un vivere che è quella stessa, con poche varianti, delle generazioni che lo hanno preceduto. C'è ancora il cavallo nelle strade, il fuoco delle case, la vela nel mare. C'è ancora il cerchio delle mura intorno alla città, nel quale le porte vengono sprangate al tramonto e riaperte all'alba, da doganieri che hanno sostituito le antiche guarnigioni. Ma ovunque, si avvertono tempi nuovi. Nel paesaggio della Toscana granducale, si è inserito, ad esempio, un nuovo, avveniristico elemento: La locomotiva, chiamata "mostro d'Acciaio".
Nel '48 è già stata ultimata la ferrovia Leopolda, che unisce Firenze - Livorno, mentre nello stesso anno i binari della Maria Antonia toccano Prato per poi raggiungere, nel '51, Pistoia. A Firenze i vecchi ponti sull'Arno, hanno nuovi compagni, laddove la città comincia a San Niccolò e finisce alle Cascine. Gli ultimi arrivati sono ponti dritti da una sponda all'altra, sono fatti di ferro, li hanno costruiti ingegneri venuti dalla Francia, e si chiamano "sospesi". In quel periodo, metà '800, gli ultimi alchimisti inventano il dagherrotipo e poi la foto, e saranno per molto tempo, nelle camere oscure, un mistero vietato a molti. Il nuovo prodigio si perfeziona e si apre un mondo fino a qualche tempo prima impensabile, colgono l'attimo che non fuggirà più. Montano il proprio cavalletto per immortalare le piazze, le strade, i ponti, ma anche dall'angolo delle strade ma soprattutto le persone che agiscono sul palcoscenico della vita. Il fotografo - artista fissa anche gli elementi minori e fuggevoli del vivere quotidiano. Nella stessa foto, scattata per fermare e tramandare la bellezza di una cattedrale, l'obbiettivo registra anche l'insegna di una locanda, la fermata dell'ominibus a cavalli, la paglietta ed il bastone del passante, il parasole della signore, il grembiule unto del venditore di frittelle...
Ha volte l'uomo col cavalletto, cerca di sfuggire ma la città gli forza la mano. Sembra che la città si vergogni di mostrarsi nuda, e si presenta, rivestita dell'abito di tutti i giorni. Un abito cucito con mille stoffe, cosi come sono i mille volti della città. Lo spazio, per esempio, tra il famoso monumento e l'obbiettivo è occupato da immagini piene di vita: ora lo spazzino che fa il proprio lavoro, il passaggio della pariglia del conte, ora il fiaccheraio che rientra alla stallaggio... ora, accidenti, ci si è, pure, piazzato un venditore ambulante, sarebbe più facile rimuovere il monumento che lui. L'uomo col cavalletto, aspetta, ma poi spazientito, rinuncia al sogno velleitario del palcoscenico vuoto, allora ficca la testa sotto il panno nero, mette a fuoco l'obbiettivo e scatta. Fotografa la città e i cittadini e fa - senza saperlo - un regalo magnifico ai posteri. Le immagini del periodo granducale sono, sfortunatamente poche anzi rarissime, forse sono in qualche archivio privato o buttate in una vecchia scatola, come le mie, speriamo che qualcuno le tiri fuori... io lo faccio su FB nella pagina Firenze poco conosciuta.
Nel 1859, il granducato è al tramonto, quando Leopoldo II lasciò Firenze, in seguito alla pacifica e civile rivoluzione del 27 aprile, "perbacco, nemmeno un vetro rotto" disse l'ambasciatore francese. La fotografia era agli inizi e non poteva documentare pienamente la vita cittadina, come lo avrebbe fatto in seguito. Le testimonianze fotografiche divennero più corpose nel periodo 1865 - 1870 e degli ultimi anni del secolo aumentarono fino ad arrivare ad i primi del nuovo secolo. Tale maggiore ricchezza d'immagini fa si che l'inizio del nuovo secolo appaia, se non come tema dominante, certamente quello più documentato, più efficiente e più compitamente svolto.
Il mondo, infatti, da quando ha cominciato a correre, non si è più fermato. Corre anche nell'ora presente anzi corre sempre più forte, e noi, a volte, ci sentiamo addirittura superati da costumi e opinioni che hanno allungato il passo in modo imprevedibile. A volte ci sembra di restare indietro, di far fatica ad allinearci, ad essere in sintonia con la nostra stessa epoca. In pochi decenni, abbiamo fatto tanta strada, quanta non ne era mai stata percorsa in dieci, venti secoli. La particolare suggestione delle antiche immagini deriva proprio dal fatto che non illustrano un tempo che si perde nel buio di secoli remoti, ma un tempo di cui forse sono ancora vivi e vegeti i testimoni, sotto forma di racconti fatti dai genitori o nonni, i quali stanno correndo insieme a noi; e che, a dispetto del calendario, la misura del vivere ci appare, profondamente, totalmente, diversa.
A quel tempo i giovani ottenevano la chiave di casa alla maggiore età, ed a trent'anni erano già in divisa di sessantenni. I padri di famiglia passavano le ore libere al caffè, la madri invece erano gli angeli del focolare, le fanciulle da maritare guardavano l'amore attraverso le persiane socchiuse, ed i ragazzi irriqueti andavano in collegio oppure a letto senza cena. Quando, invece, il cielo era foriero di tempesta, si correva a rifugiarsi a casa, e nel frattempo si fermavano gli affari, si rimandavano i viaggi, avevamo ancora un revenziale timore della natura. E, queste, non sono certo le differenze più vistose nel confronto col tempo d'oggi. Se ci limitiamo ad accennare ad alcuni aspetti spiccioli e dei costumi familiari, è perchè a volte le vecchie foto sembrano testimoniare come il sapore sobrio e patriarcale dell'esistenza casalinga, contagiasse anche le strade, le piazze, il mercato, il sagrato della chiesa, tanto da conferire all'ambiente pubblico del centro urbano, la domestica riservatezza, dell'ambiente privato. Non ha senso domandarsi se quel tempo è meglio di quello di oggi. C'è solo da credere che il fascino che sembrano emanare le foto dell' '800 e degli inizi del '900 deriva dal fatto che esse documentano un tempo profondamente diverso dal nostro. Un tempo che è vicinissimo a noi, ma allo stesso tempo cosi lontano anzi lontanissimo.