Cinema Garibaldi e Circo Gratta

Nella vostra ricerca del particolare poco conosciuto, arriverete sicuramente in via Pietrapiana dal parcheggio di Sant'Ambrogio oppure scendendo da via del Corso. In qualsiasi modo ci arrivate sicuramente noterete il Palazzo delle Poste in angolo con via Verdi, ebbene non ci credereste ma prima che il famoso architetto G. Michelucci costruisse questo palazzo, qui risiedeva per molti giorni l'anno, il famosissimo Circo Gratta. Questo circo stazionava in Campo di Marte tre mesi l'anno ma portava, in via Pietrapiana, un piccolo tendone dove si esibivano alcuni artisti dello stesso circo. Lo guidava il capostipite: all'anagrafe faceva Evaristo Caroli, ma per tutti era semplicemente "Il Gratta", un clown di altri tempi, iniziato al mestiere circense dalla nonna. Insieme a lui la moglie Sara, brava cavallerizza, i loro sei figli (già esperti trapezisti, giocolieri, acrobati), e un ben assortito gruppo di amici. C'erano i comici (un nome per tutti: Ugo Benci, detto Ughino), i cantanti, la cartomante e il suonatore di mandolino. E naturalmente c'era lui, il Gratta, che affidava la sua arte ad una straordinaria mimica facciale e ad una brillante abilità verbale. Io non ho ricordi del circo, ma i miei genitori lo ricordavano con piacere, personalmente mi ricordo confusamente solo la costruzione del Palazzo delle Poste finito due anni prima dell'alluvione del 1966. Concludo dicendo che in questo circo si esebiva Romano Cecconi, l'Uomo-Donna, col nome d'arte "Romanina", famoso transessuale italiano, ebbe la carriera stroncata, come cantante, da un parroco di paese che tuonò dall'altare "In quel circo c'è un diavolo tentatore" e poi chiamò le forze dell'ordine.

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Quasi di fronte alla Poste ora c'è un piccolo supermercato della Conad, completamente ristrutturato, ma molti anni prima, era il 1913, era un cinema con giardino ed orchestrina, il Garbaldi, di Quinzio Vannini e C. (via Pietrapiana), anni fa mi dissero che era in stile liberty. Divenne famoso in tutta Italia perchè Vasco Pratolini lo ricorderà spesso nel suo libro "il quartiere",  per la sua specializzazione - in ragione delle preferenze del pubblico delle zona - in pellicole di cow-boys. Di questo cinema ho ancora qualche ricordo che lentamente svanisce, ma uno mi è rimasto perchè mia madre o mio padre mi diceva ogni volta che andavamo: - non toccare le tende che sono sudice e che stanno in piedi da sole - . Era un piccolo cinema di rione non molto pulito e con scomodissime sedie di legno, anche se io le ricordo comode. Qui vidi un film che segnò la mia vita per la grande passione che ho per il cinema, Il mulino delle donne di pietra, uno dei migliori esempi del cinema horror all'italiana, del 1960. Ricordo bene il film, anche se ero piccolissimo, perchè mi fece cosi tanta paura che lo guardavo a tratti, perchè mi era nascosto dietro la sedia e durante la notte, per colpa del film, non riuscivo a dormire e mia mamma di faceva bere l'infuso di papavero, pianta oppiacea, cosa molto comune in quel periodo... mi sono sempre chiesto se sono stato un consumatore di oppio...

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Anche queste due piccolissime curiosità possono contribuire a conoscere Firenze nel piccolo e forse nell'inutile curioso.