Attraversare la dogana senza "gabella", la via del "rum" fiorentina

Il contrabbando a Firenze con le sue porte e le sue mura c'era un'attività molto intensa e redditizia, soprattutto per le donne che dovevano mantenere famiglie numerose; il loro contrabbando era minuto perchè la merce era poca visto i nascondigli che avevano. I metodi per attraversare le porte e la relativa dogana erano molti e alcuni divertenti, narrerò di questi e spero che vi piaceranno, come sono piaciuti a me quando le vidi per la prima volta. Le "contrabbandiere" ogni giorno guadagnavano una discreta somma facendo passare i prosciutti, la carne, salsiccie e tutto quanto era possibile, usando come nascondiglio preferito il sotto delle sottane o in mezzo ai loro seni molto prosperosi, credetemi sulla parola, ricevendo cosi, per conto di coloro i quali contrabbandavano, una percentuale. Per questo motivo i gabellieri, che le conoscevano bene, qualche volta le scoprivano, e allora quelle donne perdevano tutto e si accollavano una bella multa. Queste simpatiche signore avendo acquisito una certa dimestichezza per aggirare i gabellieri, riuscendo con intelligenza acuita dal bisogno, a non farsi scoprire. Il metodo più semplice era distrarre con chiacchiere senza senso, era uno spasso guardarle, il controllore e cosi, al momento giusto, sgusciare fra carro a carro o da barroccio a barroccio, riuscendo ad attraversare la porta. Certe altre poi, si lasciavan frugare tranquillamente perché sapevano di non aver nulla ne sopra ne sotto il vestito, se non le loro grazie, che ad alcuni controllori non dispiaceva metterci il naso, e lo "stradiere" (Agente del dazio) non si accorgeva che quello che cercava era nel veggio o scaldino, che le donne erano solito portare per scaldarsi, con dentro una piccola bottiglia piena di alcool o altro, coperta da un po' di brace e di cenere. Le astuzie usate per fare passare la merce alle porte, erano cosi tante che si potrebbe scrivere un libro curioso e divertente e probabilmente molto voluminoso, ma sarebbe alla fine tedioso ed inutile.
Invece nei tentativi di contrabbando più importanti, i modi per aggirare la dogana erano più complicati ma non meno ingegnosi: uno di questi era nascondere nei carichi della "fastella"(Fascio di legna non molto ingombrante) anche mezzi bovi o addirittura nelle pialle da legnaioli, finte, piene di alcool, e perfino nei tamburi della Guardia Urbana nascondevano o mascheravano la merce. Non c'era poi ne carro o diligenza che arrivasse dalla campagna che non venisse perquisita, c'era sempre qualcuno che tentava l'inganno. Quando questi mezzi venivano perquisiti, quasi sempre trovando qualcosa, specialmente sotto il sedile del conducente. Il contrabbandiere come multa doveva pagare dieci volte la solita tariffa del dazio oppure, se non aveva soldi, la merce veniva seguestrata dallo stradiere che si aggiudicava, per legge, il tutto. Come se non bastasse si prendeva pure un bel premio, e se la scoperta era un importante seguestro, il premio spettante veniva elargito dall' ispettore delle Gabelle, con tutti gli onori. Il motivo di tutti questi benefici dati allo stradiere era per evitare di farsi, corrompere o come si diceva allora potesse "prendere il boccone". Un nome su tutti di questi stradieri era un individuo soprannominato Bighezze, lui veniva considerato il terrore dei piccoli contrabbandieri il quale, si diceva, fosse nato apposta per fiutare, indovinare da lontano e conoscere a colpo sicuro gli individui che tentavano la frode. Questo Bighezze, aveva un atteggiamento allegro, buffone, piacevole, scherzava con tutti, con aria bonacciona ed invitava alla confidenza, lo conoscevamo bene noi amici delle donne popolane. Un simile comportamento le permetteva di scoprire le frodi più eclatanti e renumerative, naturalmente per se stesso visto il grande guadagno. Fu lui a scoprire che certe finte tavole di "legno da ponti" per i muratori erano taniche di latta piene d'alcool chiuse ermeticamente, lunghe quanto le vere tavole, e costruite con tale maestria da non distinguersi da quelle vere. Il Bighezze divenne un gabelliere molto ricco.
Le frodi più famose e più importanti, venivano eseguite tramite i becchini o i preti delle parrocchie, che quando portavano un cadavere verso un cimitero suburbano, tornavano alla parrocchia con la bara, che nessuno pensava di aprire, riempita di merce da contrabbandare. Con questo metodo riuscivano a fare entrare un quarto di manzo oppure due o tre agnelli e qualche volta anche un maiale intero. Il cibo frodato con l'aiuto del prete finiva spesso nelle mense dei poveri, quante cene ad ufo abbiamo preso, erano tempi diffici per gli indigenti... come oggi, ma oggi il prete non è più integrato nel quartiere e poco interessato ai pochi fedeli rimasti.

La frode più celebre e più chiacchierata è stata quella di un tale che a mezzanotte, giunto in carrozza alla Porta alla Croce, la più vicina al mercato di Sant' Ambrogio, bussò perché fosse aperta la porta per passare in città, pagando solo il passaggio. Lo stradiere vedendo le tendine calate ammiccò al vetturino strizzando l'occhio con malizia, mentre spinto dalla curiosità e anche per fare il proprio lavoro, aprì lo sportello. Vedendo che un signore in atteggiamento intimo con l'altro passeggiero, che, imbarazzato cercava di ricomporsi, la guardia chiudendo lo sportello della carrozza, riuscì sbirciando, a vedere una signora con la cuffia in testa tirata giù per non essere riconosciuta, cosi disse al cocchiere: - Lei vada! può andare. - La signora velata non era altro che un maiale vestito da donna! La spregiudicatezza delle persone è fantastica come è fantastica la storia che vi ho raccontato, perchè ricorda una sequenza del film hollywoodiano dal titolo : operazione sottoveste... posso garantirvi che la storia è narrata da diverse fonti, anche giudiziare, e si può trovare nel libro "Firenze Vecchia" di Giuseppe Conti, e sulla copia anastatica la vicenda è a pagina 135, io ne sono testimone. Incredibile, ma quando la realtà si scontra con la finzione, la vita reale sembra una grande sceneggiatura. Sempre da Porta alla Croce un tale, che voleva imitare quello dell'episodio precedente, si trovò ad essere rincorso fino a Sant'Ambrogio perchè era stato scoperto con tre maiali vestiti da dame, forse se cambiava Porta poteva riuscire nelll'inganno, ma si è creduto troppo furbo e perciò è stato preso.

L'affare dei frodi era per alcuni anche un divertimento, e talvolta dava luogo anche a delle scommesse. Una delle più divertenti, perchè questo pretino da gabbato divente gabbatore, lo abbiamo festeggiato per giorni interi, è quella di un prete che arrivando con una valigia in mano, si soffermò a parlare con lo stradiere e gli confidò che alcuni amici, presso i quali andava a passar qualche giorno in campagna, gli avevano promesso in settimana un prosciutto. Ma egli, povero prete, non potendo spendere nella gabella, lo pregava quando l'avesse avuto, a lasciarlo passare senza guardarlo, promettendogli di raccomandarlo a Gesù. Lo stradiere pensò subito a una burla ed una scommessa da fare al prete, cosi gli promise quanto desiderava. Appena il prete andò via, il doganiere avvisò il cassiere ed i compagni della burla contro il prete un pò tonto, e tutti d'accordo pensarono di dare al prete una multa di dieci volte la tassa, e sapendo che non avrebbe pagato gli avrebbero seguestrato il prosciutto con grande allegria dei gabellatori. Dopo alcuni giorni, il prete un po' tonto ripassò con la valigia. Lo stradiere aspettò che arrivasse alla porta, facendo finta di non riconoscerlo, e gli domandò:
- Che cos'ha reverendo nella valigia?
- Nulla! - risponde sorpreso l'altro.
- L'apra che si veda! - Il prete apre la valigia, e la valigia era vuota.
- O il prosciutto? - domanda lo stradiere che era rimasto male.
- Eh! il prosciutto c'era l'altra volta!...

Di aneddoti come questi le cronache ed i libri ne citano tanti, ma, credo, che possano bastare per far capire lo spirito di una Firenze popolana e sempre pronta a prendere in giro il potere cittadino, qualunque esso sia. Al giorno d'oggi le cose sono cambiate, poichè la televisione ha quasi distrutto le autonomie culturali che ogni città o paese deve avere, o meglio, doveva preservare. Io sono conscio che mantenere la propria cultura sarà un'impresa impossibile, ma nel mio piccolo ci provo... piccole storie grandi imprese, il motto di queste pagine.