Ufficiali dell'Onestà

Oggi, giorno importante per Firenze, 30 aprile 1403, è stato istituito l'Ufficio dell'Onestà, una magistratura permanente che ha il compito esplicito di vegliare e controllare la moralità pubblica. Sei giorni prima, è stata approvata una legge che conferiva poteri speciali ai membri della Signoria che avesse uno scopo preciso: distrarre, con ogni mezzo, la passione che molti uomini avevano per il “culo” dei ragazzi. Per fare questo, si pensò, anche, di eleggere un magistrato forestiero, con tanto di ”famigli” personali. 
Approvarono una legge precisa, le prime righe erano chiare, ve la riporto in italiano, oramai chi conosce più il latino, non certo voi che leggete: “Aborrendo la laidezza del peccato nefando e contrario alla natura, e dell’enorme crimine che è il vizio sodomitico, e volendo ora provvedere ad estirpare questo genere di delitto…”. Noi, gli Ufficiali dell’Onestà, eravamo pronti a lavorare duramente contro questo peccato che la Santa Chiesa, così tanto deprecava. Eravamo otto ufficiali, due per ogni quartiere fiorentino e duravamo in carica sei mesi. 
Eravamo indipendenti in tutto, avevamo i nostri notai, messi, famigli ed altri “ministri”. La nostra sede, all’inizio, era al pianoterra della Chiesa di San Cristofano e vi si accedeva da Corso degli Adimari, vicino alla Loggia del Bigallo, che sbucava in Piazza di San Giovanni dalla Volta dei Pecori. Oggi questa chiesa è l’autorimessa della Misericordia, e si affaccia su una “piazuola”, la quale veniva chiamata dell’Onestà o della Malvagìa, perché li, c’era una famosa osteria con quel nome.
 Dopo però, la sede venne spostata un po’ più in là, sempre lungo via Calazaiuoli, in una piazzetta di nome “del Re”, in un bel palazzo trecentesco che un tempo ospitava l’Arte dei Beccai, Piazza de’ Tre Re, chiamata anche Coroncina, qui mettemmo la gogna pubblica per punire i nostri condannati, ha per confini il Vicolo della Coroncina che sbocca in via degli Speziali, dal vicolo dell’Onestà che ha l’accesso da via dei Pittori, l’attuale via Calzaiuoli, ed il vicolo dei Tre Re che sbuca in via del Ferro. Non sarà semplice portare avanti questa missione, perché non abbiamo finanziamenti pubblici, ci autofinanzieremo con le donazioni, ma soprattutto con le multe che dovremmo fare ai sodomiti. 
Almeno puniremo i veri colpevoli. 
Però dopo solo sei giorni, ci rendemmo conto, che la volontà di agire contro la sodomia era passata in secondo piano, troppi personaggi potenti praticavano questo “vizio nefando”, per lasciare spazio alla più redditizia prostituzione. Non eravamo più la magistratura che combatteva la sodomia, ma strumenti per regolamentare il lavoro delle puttane, entravano molti più soldi ma anche molta corruzione, anche quella morale. Noi Ufficiali, iniziammo a studiare dove creare una zona, che oggi chiamiamo a “luci rosse”, proprio nel cuore di Firenze, ed allargare cosi i confini del bordello pubblico situato vicino al Mercato Vecchio. 
Buttammo giù un progetto ambizioso e molto ampio, creare una città nella città, sulle catapecchie del vecchio postribolo ed allargandosi però nelle strade vicine, avrebbe compreso, più o meno una vasta area fra il Mercato Vecchio (piazza della Repubblica), il Battistero (con il prospicente palazzo arcivescovile) e le piazze di Santa Maria Maggiore e di San Michele Berteldi (adesso Piazza Antinori proseguimento di via Tornabuoni), fino ad arrivare, con ramificazioni in crescita, verso le zone di San Lorenzo e degli odierni Uffizi fino a Borgo Ognissanti.
 Ora che avevamo fatto il quartiere a “luci rosse” dovevamo popolarlo, volete sapere in quale modo lo avremmo fatto? Nella maniera più semplice “avviando e persuadendo le prostitute a lasciarsi condurre a Firenze”, facemmo una grande opera di reclutamento sia interno al territorio nazionale che quello internazionale. I ruffiani, manutengoli e papponi, ci aiutarono in questa impresa, in fin dei conti chiedevamo solo donne avvenenti, pronte a tutto e meglio se con un tocco esotico, e chi meglio dei professionisti del meretricio avrebbero potuto farlo? Ne vedemmo arrivare migliaia di puttane ed i loro papponi, soprattutto dall’estero o dal nord Italia, di contro le fiorentine andarono verso Roma ed alcune romane vennero a Firenze. 
Nel Cinque-Seicento invece le fiorentine ritornarono ad imperare nel “Gran Postribolo” fiorentino, insomma la città era una babele di lingue e costumi strani ed esotici. In questo scenario di povertà e vizio, una famiglia si fa notare per i suoi molteplici interessi per questa zona, la famiglia in questione è quella dei Medici, della quale ho già ricordato in precedenti scritti. Questa zona, siamo certi, attirerà molti investitori ed appartenenti a famiglie ricche, potenti e molto famose, ricordiamole alcune: oltre ai Medici, gli Strozzi, i Cerchi, i Tosinghi, i della Tosa, i Brunelleschi, i Guadagni ed altri, insomma il fiore all’occhiello della nobiltà fiorentina. Il detto “pecunia non olet” non è mai stato così adatto per descrivere la provenienza di guadagni illeciti.
 Noi Ufficiali, ci rendemmo conto che eravamo solo dei manutengoli di persone potenti e non potendo combatterli, preferimmo approfittare dei più deboli. Ci siamo arricchiti oltre ogni limite, creando una situazione esplosiva fatta di corruzione, sopraffazione e morte. Facemmo impiccare, squartare e mutilare donne, uomini e ragazzi per reati anche non gravi solo per dimostrare che noi eravamo imparziali, e qualche volta per accontentare i nostri crudeli padroni. 
Questi fatti mi ritornano alla mente quando passo da via Calzaiuoli, spesso teatro di infamie che i nostri sottoposti hanno commesso: multe date ad innocenti, visto che avevano una percentuale, violenze carnali a donne, anche se meretrici, a ragazzi, anche se prostituti; violenze di gruppo nei confronti di indifesi, insomma anche se ogni tanto uno di noi veniva accusato di violenze, gli altri se la spassavano. 
Spesso le donne che ci piacevano, anche se innocenti, le facevamo rinchiudere nelle Stinche o nel Bargello per poterne approfittare ancora, questa però è un’altra storia che racconterò la prossima volta col titolo : Carceri a luci rosse