Un po' di storia (2) "13 secolo in poi"

Soltanto dopo la vittoria dei guelfi dove un giorno sorgevano le case degli Uberti, ghibellini, si formò la prima grande piazza, ai margini della quale sorse, nei primi del trecento, il Palazzo dei Priori, con l'ardita Torre di Arnolfo, eletto a simbolo del libero Comune. Sull'antica Chiesa di Santa Reparata cresceva, col primo disegno di Arnolfo, la Casa di Dio, il Duomo, che i fiorentini vollero più grande d'ogni altra chiesa della cristianità, con la maestosa cupola già prevista, e che soltanto il grande Filippo Brunelleschi, nel secolo successivo riuscì a costruire. Accanto al Duomo, cresceva il più elegante ed ornato campanile, concepito ma non terminato da Giotto.

Altri palazzi pubblici s'allargavano fra le torri scapitozzate dei ghibellini. La parte guelfa trionfante aveva il suo Palazzo e ogni Arte aveva il proprio, a cominciare dalla fiorente Arte della lana. Lo stile di nuovi edifici era quello che nel Cinquecento venne chiamato, con disprezzo, gotico, ma che a Firenze fu sempre temprato da un senso di sereno equilibrio e di sobria decorazione. 

Ai nostri giorni le costruzioni non hanno molto equilibrio nè sobria decorazione. Nel medesimo stile, oltre al Duomo, sorsero chiese dei nuovi ordini religiosi, fondati da San Francesco, La Basilica di Santa Croce e da San Domenico, Santa Maria Novella. Fuori dalle porte cittadine, si erano distesi e sempre più si diffondevano in cosidetti "borghi", formati dalla piccole abitazioni del "popolo minuto". 

Specialmente lungo l'Arno e nei luoghi più bassi, soggetti perciò a periodici allagamenti, si svilupparono i borghi a carattere industriale, che traevano dall'acqua, condotta per gore e per fossi, l'unica energia motrice dell'epoca. Proprio per mezzo di questi borchi, abitati da poveri "berrettini", cioè operai, inpiantarono i loro conventi e le loro snelle chiese i francescani di Santa Croce, ed i domenicani di Santa Maria Novella. 

Dietro l'esempio dei due giovani e coraggiosi ordini religiosi, tra i borghi si formò, fuori dalle antiche mura, come una nuova mistica corona di conventi e di chiese. Basterà nominare il convento di Ognissanti, dove gli Umiliati portarono a Firenze la moderna industria della lana; San Marco, che accolse poi le pitture del Beato Angelico; il Carmine, che accolse le pitture del Masaccio; Santo Spirito ricostruito nel Quattrocento in stile brunelleschiano; Sant'Apollonia che accolse le pitture di Andrea del Castagno; e finalmente l'Annunziata, santuario mariano, che specialmente del cinquecento doveva arricchirsi di innumerevoli opere d'arte. Anche per proteggere questi tesori d'arte e di fede, la Repubblica decretò, nel 1284, un terzo ed amplissimo cerchio di mura, che diede alla città il suo definitivo assetto urbanistico. 

 

Firenze fiorì cosi nel regime guelfo, in un clima religioso e civile(?), nel quale la popolazione degli artigiani e dei piccoli mercanti veniva ad organizzarsi, educarsi ed innalzarsi attaraverso manifestazioni artistiche di carattere didascalico e formativo. Per quel mondo di laici "idioti", ma intraprendenti, si costruivano le grandi chiese gotiche secondo lo stile castigato ma elegante di Arnolfo di Cambio, con antistanti piazze destinate alla predicazione popolare, alle sacre rappresentazioni ed alle feste popolari. 

Per quel mondo di analfabeti, pittori come Cimabue, Giotto, Orcagna venivano chiamati ad illustrare, sulle pareti delle chiese, la cosiddetta "Bibbia dei poveri". Per quel mondo, desideroso di sapere, Dante Alighieri usava il suo volgare illustre, e componeva la più grande ed originale sacra rapprentazione del suo tempo e non solo.

Statua del Sommo poeta in Piazza Santa Croce

L'arte fioriva tra il popolo, illuminata dalla fede, ed anche da quel piccolo dischetto solo d'oro che era il "fiorino", la moneta fiorentina pregiata in tutto il mondo, come in tutto il mondo conosciuto venivano pregiati i prodotti dell'artigianato fiorentino, organizzato nelle Corporazioni delle Arti, che esprimevano anche il governo della città repubblicana. 

E fu proprio in quella società corporativa ed artigiana, in quella città repubblicana e guelfa, che si produsse spontaneamente la trasformazione signorile, favorita dall'assetto bancario, e le cui manifestazioni nel campo culturale ed artistico furono l'Umanesimo e il Rinascimento. Infatti la prosperità dell'artigianato, organizzato nelle Corporazioni delle Arti, promosse il commercio; il commercio si organizzò in Banchi di compagnie, con diramazioni in tutti i paesi europei, asiatici e africani, per mezzo dei quali alcune famiglie più intraprendenti e fortunate divennero potenti: i Frescobaldi, i Bardi, i Peruzzi, furono banchieri di Papi e di Re. Seguirono altre e numerose famiglie di "magnati", gli Albizi, gli Spini, I Rucellai, i Davanzati, gli Antinori, i Pazzi, i Salimbeni, i Tornabuoni, i Sassetti, i Serristori, i Pucci, i Gondi, i Pandolfini, i Ginori, i Medici (agli inizi della loro potenza venivano chiamati "masnada del mercato vecchio"); famiglie di mercanti e di mecenati, di borghesi e d'intellettuali, che tendevano a distinguersi dal volgo e a salire ad un livello sociale e intellettuale superiore anche a quello degli stessi chierici.

Pontormo, Ritratto di Cosimo il Vecchio


In questo clima non più popolaresco e volgare, fiorirono gli studi umanistici di latino, di greco e della cultura classica. I mercanti favorirono la raccolta di codici rari e d'opere d'arte antica: nacquero a Firenze le biblioteche moderne, nacquero i musei, luoghi sacri alle muse. Ma tutto questo si sarebbe fermato ad un certo accademismo, se i ricchi mercanti non avessero ordinato agli architetti i nuovi palazzi privati, per le loro famiglie: i palazzi Del Rinascimento fiorentino, disegnati da Filippo Brunelleschi, da Michelozzo, da Giuliano da Maiano, da Leon Battista Alberti, da Bernardo Rossellino, da Giuliano Giamberti detto il Sangallo, da Simone del Pollaiolo detto il Cronaca.

Per le famiglie dei grandi mercanti gli stessi architetti disegnarono le cappelle private: la Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, la Cappella dei Pazzi, la Cappella Medicea, la Cappella Pandolfini, scultori dietro la scia del grande Donatello, interpretarono di quella società borghese e il carattere di quelle forti personalità, mentre i pittori, alla scuola del potente Masaccio, abbandonarono le sacre rappresentazioni e le narrazioni agiografiche, per il quadro naturalistico, mitologico o storico. 

Commissionata dalla borghesia mercantile, anche l'arte religiosa ebbe un accento più di grazia che di pietà, più di lirismo che di dramma sacro. Si spiegano cosi le sculture di Lorenzo Ghiberti, Benedetto da Maiano, Antonio Rossellino, Desiderio da Settignano, Mino da Fiesole, Luca e Andrea della Robbia e finalmente di Andrea del Verrocchio. Si spiegano le pitture di Filippo Lippi, Paolo Uccello, Benozzo Gozzoli, Andrea del Castagno, Domenico del Ghirlandaio, Sandro Botticelli, e finalmente dell'universale Leonardo da Vinci.

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