Città più di scontri che di incontri

23.09.2013 13:12

Firenze è una città polemica, e se mai avrete la pazienza di leggere un pò di storia fiorentina la capirete meglio. Le sue dolcissime colline (dolcissime ma anche magre, come costole di pietra appena sotto la pelle erbosa), la chiudono quasi da ogni parte,e la costringono ad essere la città più di scontri che di incontri.

Le polemiche fiorentine, alla fine dei conti, non si rivelano mai oziose nè banali. Aprono sempre prospettive di valore, se non addirittura universale, per lo meno di carattere generale. Sono, insomma, polemica, non divertimento. Le soluzioni dei molti problemi non possono essere semplicistiche a cominciare dalle proposte urbanistiche.

Gli uomini, a Firenze, sono sempre in contrasto o per lo meno in attrito. Si limano tra di loro e si affinano. Naturalmente, in questo attrito  si consumano ed anche si disfanno. Giorgio Vasari,  che era meno "grosso" di quanto lo credano certi critici attuali, capì bene la natura polemica della città, quando scrisse: "Firenze fa degli artisti quel che il tempo fa delle sue cose: che fattele, se le disfà, e se le consuma poco a poco", diceva degli artisti, e a Firenze tutti siamo un pò artisti. Nulla è rotondo e soffice a Firenze. Lo spigolo acuto domina la sua architettura, e perfino la  Cupola del Brunelleschi , al confronto, per esempio, con la cupola di San Pietro, è puntuta, coi suoi spicchi ben disegnati da costoloni eretti e con la lanterna acuminata. Polemiche furono le torri, che si sorpassavano in altezza, finchè quella d'Arnolfo non le superò tutte, più prepotente che potente. Polemici perfino i campanili, direi quasi con un bisticcio, campanili campanilistici. Polemiche le sue chiese, la francescana da una parte, la domenicana dalla parte opposta; agostiniana da un lato e vallombrosana dal lato opposto. Polemici anche tabernacoli, eretti per far dispetto ai Patarini. Tutta puntigli amorosi e stilistici, la poesia del dolce stil nuovo, che prelude la grossa polemica della Divina Commedia. I capolavori dell'arte fiorentina, pare impossibile, sono tutti nati per dispetto, quando non sono nati per vendetta, come appunto il poema di Dante, il Decamerone del Boccaccio, la Cupola del Brunelleschi, il Giudizio di Michelangelo. Si potrebbe fare la storia dell'arte fiorentina come ripicco e ricatto. Bisognerebbe però dire come, al primo scatto polemico, quest'arte si alzasse poi e si sublimasse in una superiore visione, come cioè dall'inferno della polemica si sollevasse all'empirico della sublimazione. Tutte le vie fiorentine hanno uno sfondo mirabile, non sono mai cieche. O conducono alla visione di un monumento o si aprono alla visione della campagna, che si alza a fondale tutta intorno alla città.

Firenze, bene o male, è città monocentrica, o meglio, con un centro storico oserei dire dicotiledone: il centro religioso, costituito dal complesso architettonico del Battistero, Duomo e Campanile; il centro civile, costituito dal complesso architettonico del Bargello, Palazzo Vecchio, Loggia dei Lanzi, Uffizi. Due centri distinti, ma non opposti, comunicanti attraverso via dei Calzaioli. E a metà strada, il punto di incontro, sul quale sorge il monumento più fiorentino di Firenze, cioè Orsammichele, già Loggia del grano, silos della Repubblica, poi santuario mariano e artigiano, in virtù dei famosi tabernacoli, uno interno, dedicato alla Madonna, gli altri esterni, dedicato ai santi protettori delle Arti: il sacro che si innesta nel profano, o meglio la vita religiosa che si innesta nella vita civile. Al problema urbanistico è connesso quello del traffico, che non è soltanto dei giorni nostri. Anche la Firenze del Trecento doveva essere congestionata e rumorosa, nelle sue strette e storte viuzze. Occorre ricordare che Filippo Argenti, esempio dell'arroganza fiorentina della quale ne vado fiero, il "fiorentino spirito bizzarro", condannato e spregiato da Dante, si chiamava cosi perchè ferrava con l'argento i propri cavalli. Inoltre cavalcava con le gambe divaricate, impedendo il transito dei pedoni, cosi quando incrociava un altro cavaliere, erano zuffe furiose.

Il centro fiorentino è stato liberato dal traffico cittadino, finalmente, ma non si pensi di fare di Firenze una "città del silenzio", noi parleremo e sparleremo sempre. Firenze è una città troppo viva per accettare  una simile definizione.